"MANK" Film- regia di David Fincher


"Mank- (Sei nomination agli Oscar 2021- 1 Bafta in Europa-) Tratta un tema interessante ed allude ad un film epocale del passato e alla vicenda, anche giudiziaria, di cui protagonisti furono l'immenso Orson Welles e il suo stretto collaboratore Herman Mankievicz, detto Mank, l'autore della sceneggiatura di "Quarto Potere- Citizen Kane". A sua volta David Fincher il regista, rende omaggio con questa sua ultima fatica, a suo padre che, ha curato lo script, circa venti anni fa, e teneva  tanto  che fosse realizzato. Salta all'occhio, innanzi tutto, perfettamente  ricostruito e riconoscibile, come nelle altre sue apprezzabilissime opere ( "The social Network". "Gone Girl", "Il curioso caso di Benjamin Bottom"), il contesto storico-politico che fa da sfondo alla "querelle" più famosa del mondo del cinema. Esso viene fuori da tutti gli elementi del film, compresa l'interpretazione di Gary Oldman;  il personaggio stesso che egli "ricrea" è, da solo, una metafora di quel mondo, di quell'epoca, di quell'America che sognava il suo sogno e poi piangeva sul latte versato, che poi, proprio latte non era, piuttosto  bevanda ad alto tasso alcoolico.
 Gary Oldman, lo ricordiamo tutti, aveva rischiarato l'"Ora più buia",  interpretando Winston Churchill; del grande statista aveva saputo esaltare le qualità, pur non celandone ipocritamente, i difetti; qui Oldman abbassa il registro della recitazione e ne fa emergere una figura bizzarra, a tratti malinconica, apparentemente uno sconfitto, uno che non ha saputo sfruttare al meglio il suo talento e a cui però, non certo a caso, un artista giovane, ma già famosissimo, offre  l'opportunità di scrivere quello che sarà  "il suo canto del cigno" !
Il film è girato rigorosamente in bianco e nero e con  audio  d'epoca che un po' lo penalizza, in verità;  niente a che vedere, comunque, con altri esempi del genere, come il recentissimo"Malcom e Marie", o i due capolavori di Woody Allen: "Zelig" e "Manhattan" o il delizioso  "The Artist" , tutti film che avevano altri intenti e si basavano su  altri presupposti. In realtà poi, più che bianco e nero, il colore dominante qui è un grigio polvere, che sembra volere stendere,  non un velo pietoso, ma una coltre di tristezza su quel passato di cui la vicenda narrata vuole essere  inequivocabile simbolo. 
 E non si salvano neanche quei pochi esterni, ampi spazi di "verde", dove di solito il bianco e nero, ben sfruttato,  dà luce ed esalta, la bellezza della natura,  né si salvano gli interni, dove regna un ordine formale, elegante, ma freddo; l'arredo, perfettamente consono al gusto dell'epoca, rende per contrasto, la caratterialità del personaggio che in quell'ambiente abiterà, suo malgrado, tutto il tempo necessario per portare a termine il suo lavoro.
Il grigio polvere rende l'immagine opaca e a tratti soffocante; le stanze in cui Mank é relegato sanno più di prigione che non di "Buen Retiro", ma in quella villetta di fronte al deserto del Mojave,  lo ha confinato Mister Welles, gli ha concesso 60 giorni e lui non potrà non creare un capolavoro. Si sa che gli animali in cattività , non vivono né producono bene, ma l'uomo si adatta: depressione, istinto autolesionista fanno sopportare anche l'isolamento e intanto la gamba ingessata deve pur guarire (alla"Finestra sul cortile" di Hitccok c'è più che un esplicito riferimento!). La brava e diligente dattilografa  aiuta Mank a non soffrire la lontananza della moglie, la cara "Povera Sara", come lui  è solito definirla, affettuosamente. L'alcool gli è stato interdetto, ma il nostro eroe è coccolato e viziato da tutti compresa Marion Davies ( un'Amanda Seyfried, più matura e a suo agio in un ruolo di cotanta responsabilità!) la pupa di Hearst, il magnate della carta stampata nonché produttore cinematografico (il Citizen Kane di "Quarto potere", per intenderci)
I giorni trascorrono lenti ma produttivi : "la sceneggiatura -dice lo stesso ManK- non è una strada dritta , bensì un' ellissi, ", una via accidentata e piena di curve; la creatività, del resto, segue strade proprie, nessuna regola può irretirla e farla rigare dritto. E così per salti, flashback e rimandi anche  Fincher crea il suo capolavoro che rivela non solo il backstage di "Quarto Potere", ma tutto ciò che lo ha direttamente o indirettamente ispirato. 
Per quanto attiene il contesto storico-politico, in "Mank", piuttosto che l'esaltazione del "New Deal", quello che traspare anche dal grigiore della scenografia  ( oggi premiata col "Bafta") è la delusione per ciò che il "Nuovo corso" non riuscì a realizzare. La sicurezza e il benessere raggiunti non furono così tangibili infatti, come si potrebbe dedurre dal consenso che Roosvelt riscosse e che gli consentì di ricoprire la carica di Presidente degli Stati uniti dal 1932 al 1945. In politica estera fu e sarà sempre difficile raggiungere un equilibrio stabile con le altre potenze del mondo, ancora più problematico si rivelerà il rapporto con le banche e l'alta finanza; la politica interna poi evidenziò presto non poche "defaillances" in vari ambiti: istruzione, pianificazione urbana, difesa del verde, della natura, della salute così pure nell'ambito infine, dell'industria, nonché nell'uso della energia atomica. Perché ci si possa rendere altresì conto, del clima che si respirava negli anni "30, il film ricorda che nel 1934, la Mecca del cinema, per sostenere il Partito Repubblicano in occasione delle elezioni del governatore della California, diffuse dei cinegiornali dove attori truccati e reclutati come anonimi elettori inscenarono una campagna elettorale fasulla per boicottare Sinclair, il candidato del Partito democratico. Archeologia dell'inganno,  potremmo definire tale stratagemma, e ci fa solo sorridere, oggi la politica dispone di mille altri mezzi per plagiare gli elettori. Quello che in questo film il regista però, vuole sottolineare è la delusione e l'amarezza di Mank per quel mondo dai molti vizi e poche virtù, dove pure viveva, suo malgrado, anche se da incorreggibile outsider! Il vero motivo per cui egli accettò la proposta di Orson Welles fu forse solo quello di potere in essa convogliare tutta la sua rabbia, il suo disgusto, per quel mondo squallido e perverso che non aveva riconosciuto a pieno quel talento,  che pure aveva mostrato anche nello scrivere  indimenticabili storie per bambini, come quelle dei telefilm di RinTinTin!
 Questa è Hollywod  e questo è "Il nuovo Continente" e vent'anni di storia di esso sono così riassunti in tre ore di film che ci consentono di penetrare l'essenza della fabbrica dei sogni e conoscere sempre meglio quella realtà geopolitica da cui, oggi più che mai, dipendono le sorti del mondo. Ci appare così  il vero volto di quel paese, nato vecchio e morto bambino, come si legge in quel bellissimo racconto di Fitgerald da cui lo stesso Fincher ha tratto un'altro suo notevole film: "Il curioso caso di Benjamin Bottom". Ed è anche grazie all'accostamento tra le due opere  che si riesce a cogliere a pieno il messaggio di entrambe,  in tutta la sua inquietante complessità. 
Come da contratto, trascorsi i 60 giorni concordati, la sceneggiatura di Quarto potere sarà pronta e consegnata alla leggenda. Correva l'anno 1941, ma solo nel 1971 dopo un lungo contenzioso, sarà reso onore al merito dell'autore dello "script"! 
Mank dal 1955 non scrisse più nulla; a chi gli chiedeva come si potesse spiegare tale imperdonabile ritardo, rispondeva : "E' la magia del cinema"! Ironico contrappunto alla battuta che sentiamo nel corso del film, pronunciata dal  celebre produttore Mayer : "Il cinema è quello strano tipo di affare, in cui  chi compra, compra solo "a memory"; ciò che compra  rimane a chi glielo ha venduto, questa è la magia dei film"!  E il nostro  film si chiude con la beffarda risata del protagonista e del suo  interprete Gary Oldman che, adottando qui la tecnica dell'"understatement",riesce a dare corpo e anima ad  un perdente, a un genio perdente, ma sempre un genio! 
                                                (Jolanda Elettra Di Stefano)    
  

Commenti

  1. Recensione splendida ,completa , ricca ,profonda .insuperàbile Jole !!

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