La zona d'interesse (2023) - regia di Jonathan Glazer Terminata la prima guerra mondiale, la Germania sconfitta risorge, non senza difficoltà, ma alacremente, in tutti i campi, compresa la scienza, la tecnica e l’arte; in quest’ambito e nell’architettura in particolare, acquista un ruolo di primo piano che avrà nella scuola del ”Bauhaus”, la sua consacrazione. La dirige l’architetto Walter Gropius e vi insegnano artisti come Paul Klee, Wilehlm Kandiskji, Mies Van De Rohes, i quali portano avanti il cammino tracciato dall’inglese William Morris, maestro di quell’arte nuova, frutto degli apporti congiunti di più espressioni artistiche e attività artigianali. Non si intendeva più progettare per un’ élite, ma si voleva andare incontro alle esigenze di tutti, produrre adottando linee semplici sia per gli edifici, che per i mobili e gli oggetti di arredo o di uso quotidiano. Il sogno durò appena 15 anni; Hitler, appena asceso al potere, chiuse la Bauha
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" The holdovers- Lezioni di vita ", r egia di Alexander Payne Dalla chiassosa e irriverente commedia degli esordi, “Sideways”, Alexander Payne preleva Paul Giamatti, suo attore feticcio, e lo catapulta dall’atmosfera calda e narcotizzante della California, nel gelido inverno del New England dove, affidandogli sempre lo stesso ruolo, quella del prof. isterico e sfigato, qui docente alla Barton school, uno dei più prestigiosi college d’America, riesce a trarre da lui, oggi tra i migliori interpreti del cinema internazionale, note malinconiche, autentiche vibrazioni dell’anima simili a quelle che ha espresso in film come “ Vite private” o addirittura anche in ruoli minori come quello dell’indimenticabile autista di Mrsz Pamela Traves in “Saving mr. Banks”. Prendendo spunto dal film di Marcel Pagnol del 1936, Payne ci mostra uno sp
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" Perfect days" - Regia di Wim Wenders La prima volta che, nella storia dell’arte figurativa, appare un cesso, più precisamente un orinatoio, è stata nel 1916; lo propose Duchamp ad una mostra firmandolo con un nome di fantasia; lo estrasse dal suo luogo naturale e gli conferì dignità di oggetto d’arte, sì da veicolare la tesi secondo cui a determinare il valore estetico di un manufatto non è il lavoro che c’è voluto per crearlo, ma una pura operazione mentale che a sua volta determina un giudizio, una valutazione. Esponendolo in tutta la sua sgradevole e banalissima forma, ne fece il simbolo di una rivoluzione, quella dadaista” ( Zurigo-1916) che propugnava la libertà come valore supremo da cui far scaturire un’arte “gioco”, libera da ogni condizionamento e da ogni legge prestabilita, tecnica o mezzi preordinati e canonici. L’artista deve lasciarsi dominare dalla casualità e mostrare della realtà anche i suoi aspetti più pr
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" Santocielo" (2023) - Regia di Francesco Amato C. Chaplin diceva che “la comicità ci aiuta a sopravvivere, preserva il nostro equilibrio mentale. Grazie all’umorismo siamo meno schiacciati dalle vicissitudini della vita; esso ci insegna che, in un eccesso di serietà, si annida sempre l’assurdo”! Già l’assurdo! Non c’è niente di normale infatti su questa Terra che gira faticosamente, trascinando sempre gli stessi errori e gli stessi orrori. Guerre, fughe dalla miseria, naufragi, mancati soccorsi: dolore e lacrime spesso di coccodrillo da parte di chi poteva e non …Che cosa non? Salvare, salvare e basta!!! Omicidi tanti, castighi pochi, se poi aggiungiamo quel numero esorbitante, scandaloso di femminicidi, ne deduciamo che, non solo l’età patriarcale, bensì quella della pietra ci precede di poco, però il cellulare sempre in mano ci fa sentire onnipotenti e padroni dell’universo! Sembra impossibile, dinanzi a tutto questo sfacelo,
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Anatomia di una caduta (2023) regia di Justine Triet Anatomia di una caduta”, di una caduta di stile, intenzionale e dichiarata, rispetto al modello insuperabile in cui brillava James Stewart, diretto da Otto Preminger. Ed è a lui che Justine Triet, la regista, rende omaggio innanzi tutto e poi va per la sua strada, confezionando un prodotto di qualità che pecca di perfezione ma lascia freddi, anzi congelati, data la temperatura e l’atmosfera dei luoghi in cui è ambientato, non perché ci si aspettasse un finale chiaro e inequivocabile, ma perché ad esso si arriva attraverso un contorto iter giuridico che non fa luce su nulla e scredita il valore stesso della legge. Non può che essere motivo di orgoglio per noi donne constatare che la regia al femminile si stia sempre maggiormente affermando e riscuota notevoli consensi, poiché però l’arte non può e non deve esigere le quote rosa, ignominia delle necessità in politica, cercheremo di sviscerare di qu
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Opp enheimer - Regia di Christopher Nolan Difficile parlare di Oppenheimer, dell’uomo, ancorché del film a lui dedicato, senza associarlo alla memoria del tragico epilogo della seconda guerra mondiale, alla tragedia di Hiroshima e Nagasaki, a tutto quel carico di dolore di cui fu causa l’uso sconsiderato di un’arma micidiale come la bomba atomica. Il numero esorbitante di morti annunciate e le conseguenze subite dai sopravvissuti condizionano fortemente e inducono a osservare il film da un’ottica che solo si sforza di mantenersi lucida; confidando però nel valore della regia che non ci ha mai deluso, ci disponiamo alla visione di quest’ultima fatica di C. Nolan, certi che ci attendono tre ore di grande cinema da cui trarremo innumerevoli spunti di riflessione e di discussione quali solo un’opera d’arte, qualunque sia l’argomento trattato, può garantire. Scivoliamo senza quasi accorgercene, de
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Gli orsi non esistono – Regia di Jafar Panahi Gli orsi non esistono, esiste l’ignoranza e tutte le forme nefande in cui essa si declina: prima fra tutte la superstizione alla quale esplicitamente allude il titolo del film e che è, da un lato, un falso, inammissibile ossequio alla tradizione, dall’altro un’ancestrale paura di cui l’uomo non riesce a liberarsi perché in essa vede un orpello, una sicurezza, un “Ubi consistam”, quando dentro si è vuoti di tutto, di sentimenti, di coscienza. E’ un modo di delegare a una forma arcana l’assenza di un’etica e di una, sia pur larvale, forma di spiritualità, lontana anni luce dalla religione. Per non parlare della politica, di cui si sente un’eco lontana, della giustizia che nel villaggio di Javan ha pure un suo referente, uno sceriffo che la esercita come peggio può, sino a diventare, almeno nel film, la caricatura di se stesso, man mano che gli eventi accadono o si fanno accadere e che poi