" Emily", regia di Frances O' Connor

Così falso, così vero, questo romanzo sceneggiato, prima fatica dell’attrice, oggi regista, Frances O’ Connor, dedicato a Emily Bronte, la cui vita viene raccontata attraverso la lente convessa che le sue stesse “Cime tempestose” suggeriscono. Il film si segue come in trans. Sin dalle prime immagini   ci sembra di poter leggere nell'inconscio di questa giovane donna, coraggiosa e audace, tanto da osare l’impossibile per la sua epoca: scandagliare l’animo umano e dare dell’amore una visione a tutto tondo, dall'incanto alla disperazione, dalla tenerezza alla passione incontenibile, dalla felicità allo strazio dell’abbandono. Il tutto, mezzo secolo prima che Freud indicasse la via  per  illuminare ogni anfratto della psiche umana!

Come nel romanzo, la brughiera, umida e uggiosa, fa da sfondo nel film al racconto di una vita segnata da tragici eventi, come la morte della madre, quando Emily era ancora una bambina e della sorella maggiore, anni dopo ancora, del suo amatissimo fratello, vittima dell’alcool e dell’abuso di oppio. La luce cupa delle scene e la malinconica atmosfera che la fotografia crea, non hanno nulla di naturale, piuttosto appaiono come il riflesso di un’anima ripiegata su se stessa che cerca e troverà nell'arte, nella poesia, nella musica (Emily era anche una brava pianista), nonché nella scrittura, più che uno sfogo, l’opportunità di realizzare un viaggio all'interno di se stessa che le farà fare un balzo fuori dal suo tempo e le farà conquistare un posto ragguardevole nella storia della letteratura, accanto ai più grandi esponenti della tradizione letteraria inglese e ai “romantici” della prima ora che individuarono nei sentimenti la chiave per chiarire innanzi tutto  a se stessi il proprio io e inoltrarsi negli abissi dell’inconscio anche attraverso studi esoterici e pratiche occultistiche. Una delle scene più significative del film è proprio quella in cui, nel corso di una seduta spiritica, iniziata per gioco, Emily in trans, evoca lo spirito della madre, riuscendo a parlare con la sua stessa voce a tal punto da suscitare paura e sgomento nei suoi fratelli, Charlotte, Anne e Branwell, seduti in cerchio ai bordi del tavolo, con le mani unite per dare luogo all'esperimento. Sentendoli urlare accorrerà il padre, il reverendo Bronte, intimando di interrompere quell'orrendo passatempo, per altro proibito dalla chiesa e  che solo poteva rinnovare il dolore e lasciare oppressi dall'inquietudine. Emma Mckey, rivelatasi al grande pubblico con una serie di successo, “Sex Education”, esprime con lo sguardo penetrante, ipnotico, tutta la complessità del carattere di Emily che, con quella caparbia volontà di superare i limiti di un ambiente angusto e bigotto, acquisì una cultura che andò molto oltre gli schemi e i contenuti scolastici di quel tempo  spaziando da Shakespeare a Scott, da Dickens a Wodsworth, Shelley, Byron,   avvalendosi anche dello studio delle lingue straniere, il francese e il tedesco, veicolo a loro volta di altri, ancora più ampi, orizzonti culturali! Il francese, nella versione romanzata da O’ Connor, sarà poi galeotto per Emily, che si innamorerà del giovane reverendo suo professore e  userà il nuovo linguaggio acquisito  come  maschera con cui esprimere con maggiore sottigliezza e senza reticenze il linguaggio dell’amore. Sarà il codice segreto con cui comunicare con William e finire per legarsi  a lui di un amore assoluto che tanto somiglia a quello dei protagonisti del romanzo che intanto scrive. “Cime tempestose” fu pubblicato nel 1847 e bocciato da critica e lettori in quanto “perverso, brutale e cupo”. Era impensabile che un’opera così scandalosa e immorale potesse essere stata scritta da una signorina per bene! A salvarlo dall'ignominia, sarà anni dopo, lo scrittore “fin de siecle”,  Edgar Morgan Foster che lo descriverà, come un capolavoro “ritagliato dagli universali del cielo e dell’Inferno”! Renderà così onore al merito della sfortunatissima autrice che  morirà a  soli trent'anni, nel 1948!   

Socievole, ma tendenzialmente solitaria, Emily mutuava dal fascino inquietante della natura, quella voglia di vivere e sperimentare la vita nei suoi aspetti più esaltanti, così pure di provare a ipotizzare col solo aiuto della fantasia, gli abissi del male per cogliere anche lei, quei fiori che Baudelaire intanto cantava nei suoi versi, e ai quali dedicò il suo capolavoro. Paradiso e Inferno, euforia e depressione, sono gli estremi della vita; da essi non si prescinde, in una maggiore o minore misura, vissuti o immaginati, tutti li sperimentiamo e la natura stessa ne è messaggera, eppure non possiamo non amare né tanto meno rifiutare l’amore, ben consapevoli della sua ambiguità e quanto essa possa spesso determinare conseguenze devastanti.

Questo film, che una certa critica ha accolto con freddezza, giudicandolo, sommariamente, come un’opera del tutto inventata in funzione del gradimento da parte di un pubblico giovanile culturalmente poco attrezzato e in cerca di facili emozioni, è invece uno sforzo plausibile, anche se non del tutto riuscito,  da parte della regista, di dare consistenza ai fantasmi di un’anima tormentata e schiva che si nutriva di bellezza e di poesia, ideali nel culto dei quali, il padre, il reverendo Bronte, professore a Cambridge poi curato a Haworth nello Yorkshire, aveva cercato di far vivere  ed educare i suoi figli.

Frances O’ Connor rende l’idea di questa vita, oggi impensabile, ma da cui si può trarre una lezione che va al di là degli schemi di quel femminismo, diventato folklore e volgarità in certe fiction di pessimo gusto, e, senza scadere nel patetico, crea un personaggio dal carattere spigoloso e difficile,  ma autentico e credibile. Le forme di cui  la regista si avvale per ricostruire l’epoca, sono quelle tipiche di un’ ottocento maturo che viaggia verso il suo lento, inesorabile tramonto: crinoline, merletti, gonnellone e cappellini non hanno nulla di lezioso e si rivelano anch'essi elemento imprescindibile di una messinscena che non esalta i corpi, bensì ha la sola funzione di proteggerli e preservarne la virtù; i colori scelti  poi  ben si sposano col paesaggio misterioso e selvaggio da cui sembrano essere stati partoriti.

La casa delle ragazze Bronte, sobria, austera, sembra riflettere in ogni suo angolo i lutti che l’hanno segnata. Prevale il grigio , reso ancora più cupo dalla luce che non conosce il bacio del sole. Tra Canonica e chiesa, non pare ci sia soluzione di continuità, la stessa atmosfera, la stessa spirituale penombra; i due ambienti dove prevalentemente si svolge la vita delle sorelle Bronte, inducono entrambi alla preghiera, alla meditazione, allo studio, alla conoscenza, alla volontà di tradurre in arte quella fantasia, quella creatività che le figlie del pastore sentivano di avere e che ha prodotto quei capolavori che oggi apprezziamo più di allora.  A noi non rimane che inchinarci di fronte alla determinazione di queste signorine dell’altro secolo, alla caparbietà di combattere un contesto deprecabile e bigotto che non lasciava alle donne l’opportunità,  la libertà di scegliere il proprio destino e realizzare al meglio le proprie potenzialità. Charlotte, sorella minore di Emily, pubblicò con un nome maschile il suo romanzo: “Jane Eyre” e solo dopo avere riscosso un notevole successo, rivelò la sua identità. La stessa si affrettò, dopo la morte di Emily, a distruggere ogni ricordo, ogni documento, ogni possibile prova che potesse dare adito a pettegolezzi  e da cui si potesse evincere da dove avesse  tratto ispirazione per narrare quell' "amor fou" che vissero sulla carta, i protagonisti di “Cime tempestose”.

Tra Emily e Charlotte c’era una certa rivalità; il film accenna ad essa, ma non mette bene  a fuoco la personalità  dell’altra scrittrice di famiglia, temperamento più razionale, ma altrettanto interessante, che avrebbe meritato un maggiore risalto. In verità forse più  che di rivalità, ad un’attenta lettura delle biografie, si trattava di sana competitività tra sorelle-artiste in cerca di perfezione! Più evidenziato e aderente alla realtà il rapporto col fratello, Branwell, ben reso dall'attore Fionn Whitehead. C’era un legame fortissimo fra i due, una complicità e un affetto che li completava a vicenda, l’una sosteneva la fragilità dell’altro, lui addolciva la spigolosità di Emily e la consigliava. Non mancò infatti di metterla in guardia dal reverendo Weightman, suo prof. di francese, ma non poté impedire che l’amore scoppiasse;  l’amore infatti scoppiò, vero o presunto che fosse ed ebbe come ”nido” una casolare sperduto in mezzo alla brughiera, lontano qualche miglio dal villaggio e anni luce dall'ipocrisia dei suoi abitanti e da ogni loro pesante eventuale giudizio!

Di questa presunta storia che Emily avrebbe vissuto con   il reverendo William Weightman non c’è traccia in quelle scarne note a noi pervenute; di certo si sa che egli è realmente esistito e frequentava la casa dei Bronte; quanto alla scelta di farli diventare amanti, si può solo pensare verosimilmente che ci fosse tra i due una certa affinità elettiva e che la ricerca di spiritualità; questa, innegabile, delle figlie di un pastore, non poteva impedire a un uomo di chiesa di esercitare  su di loro, un certo fascino. Sono tutte illazioni, sulle quali non ha senso insistere più di tanto e accettare la versione dei fatti che la regista tiene a proporre nel film che, per sua dichiarazione, vuole essere ”una storia di crescita, di una donna che trova se stessa, la propria personalità e il proprio ruolo nel mondo…”

Ammettiamo pure che Emily abbia vissuto questo amore, sarà un’ illusione; William si rivelerà fragile, ipocrita e per niente aderente a quel modello ideale che  aveva sperato che fosse. Non le rimarrà che sublimare in pagine immortali i suoi sentimenti e rivelare ai posteri  quel mondo interiore spirituale e profondo che nessuno in vita  mostrò di aver capito!

                                                                    Jolanda Elettra Di Stefano

Regia:             Frances O' Connor

Seneggiatura:  Frances O' Connor

Attori protagonisti: Emma Mackey -  Emily Bronte

                                Alexandra Dowling  - Charlotte Bronte

                                 Amalia Gething - Anne Bronte

                                 Oliver Jackson Cohen  -  William Weightman

                                  Fionn Whitehead  -  Branwell Bronte

                                  Adrian Dunbar   -  Reverendo Bronte

Fotografia:  Nanu  Segal

Musica  :  Abel Korzeniowski

 

Commenti

Post popolari in questo blog