" Marx può aspettare" - Regia di Marco Bellocchio 

                          ( Palma d'oro d'onore al festival del cinema di Cannes- 2021)    

“Marx può aspettare” e forse, paradossalmente, si potrebbe affermare che il suo tempo è ancora di là da venire. Oggi che siamo sull'orlo di un terzo conflitto mondiale, a causa dell’aggressione dell’Ucraina da parte di quel paese che, per primo un tempo, era riuscito a instaurare il “Comunismo reale”, il marxismo desta non poche perplessità. Senza nulla togliere al merito del genio che lo concepì e al valore incontestabile del suo pensiero, è lecito interrogarsi sull' impossibilità di realizzare le utopie,  ma di non negare ad esse il compito imprescindibile  di indicare una strada da percorrere,   senza farsi troppe illusioni e soprattutto senza la presunzione di potere  applicare, alla lettera,  teorie astratte, senza tener conto di tutte le varianti che la storia “in fieri” può prospettare;  in breve, di quello  che l’antropologo Jacques Le Gauff  definiva  “fattore  irrazionale”,  da riferirsi, sia al singolo individuo che  alle società. Tutte le utopie naufragano insieme alle migliori intenzioni, dinanzi alla forza bruta, alle armi, ai carri armati, a tutti quei micidiali ordigni di guerra  che  l’uomo non ha mai rinunciato a costruire o anche solo  dinanzi alla “real politik” e alle smanie imperialiste di leader cinici, ambiziosi e irresponsabili. Possiamo commuoverci dunque e sostenere l’Ucraina con ogni mezzo ma dobbiamo ammettere che  nei confronti  di quel pericolo che incombe sull'Europa tutta,  abbiamo anche noi  una buona  parte   di responsabilità, per non aver saputo soffocare  quei  rigurgiti di fascismo che fuoriescono continuamente dalle bocche che inneggiano al “Sovranismo” senza sapere neanche che cos'è! E’ questo, a mio avviso il messaggio che si legge tra le righe di questo racconto autobiografico di Marco Bellocchio. Egli parla della tragedia che ha colpito la sua famiglia; dinanzi ad essa, lungi dall'autoassolversi, recita una sorta di “mea culpa”, sincero e commovente,  ma non trascura di tracciare, sullo sfondo, un quadro lucido ed esaustivo della storia d’Italia, in questo caso, dal  1939 al 1968,  in linea con i principi che hanno sempre ispirato la sua filmografia e nutrito  la sua arte. Tale excursus fa luce anche sul disorientamento che oggi viviamo, su quel vuoto di potere, su quel fallimento della politica, che è sotto gli occhi di tutti. Il virus non è che un alibi, ancor più lo è parlare di rischio di una terza guerra mondiale, se emerge dai fatti, sempre con maggiore chiarezza, che non si è mai mosso un dito per evitarla.

Già nel 1967 Marco Bellocchio, col suo primo lungometraggio “I pugni in tasca”, aveva messo sotto accusa il perbenismo borghese, rivelando e condannando, in particolare, le contraddizioni dell’“istituzione famiglia” che di esso era custode e garanzia; in questo suo ultimo film,  ci svela i presupposti  di quella condanna senza appello che fece di lui, in ambito cinematografico e non solo, la voce più convinta e credibile della contestazione del ’68.  Solo oggi però, a ottant'anni suonati, afferma di avere sentito la necessità di ritornare indietro nel tempo e recuperare quella memoria sospesa, quel ricordo personale, questa volta dettato solo da  affetto, da dedicare a Camillo, quel fratello-gemello, fragile e incompreso di cui  rimpiange di non essersi accorto in tempo, di quanto fosse profonda quella ferita che il male di vivere aveva scavato dentro di lui. Essa andava curata, afferma con rammarico, con ben altri rimedi che non propinandogli, anche con assoluta sincerità d’ intenti, slogan stereotipati di quella rivoluzione mancata di cui oggi  percepiamo, in pieno, contraddizioni ed errori. Di essi, vittime dirette  e indirette, furono tanti intellettuali ed artisti tra i quali Luigi Tenco, cantautore e poeta tra i più grandi del nostro panorama artistico e culturale: Camillo rimase fortemente colpito da quella tragica morte e potrebbe anche in essa, essere individuata una delle cause di quel gesto estremo che anche lui purtroppo volle compiere.

 Le vite degli artisti in qualche modo si somigliano e questa dolorosa vicenda privata di Bellocchio mi ha fatto tornare in mente, per analogia, un particolare della vita di Salvador Dalì. Il noto pittore, infatti, si riteneva il gemello sopravvissuto dei due bimbi che la madre aveva partorito a distanza di poco meno di un anno, l’uno dall'altro.  Il primogenito era però morto appena nato e Salvador diceva di aver trovato solo nell'arte il miglior conforto per quel vago sentimento di inconscia inadeguatezza che anche lui aveva provato per quella  perdita che tanto dolore aveva provocato nei suoi genitori;  essi  dal canto loro, vedevano in lui l’incarnazione di quel bimbo troppo presto strappato alla vita.

Camillo e Marco erano invece gemelli e, come tali, a quanto pare però, come spesso capita, uguali e contrari sin da bambini.  Tanto Camillo era delicato, timido, introverso quanto Marco più aperto e più forte di carattere.  E se già la famiglia  tendeva a distinguerli nettamente, la scuola non farà che acuire  le differenze tra i due fratelli e Camillo dunque non potrà che essere vittima di questa mancanza di tatto e di adeguata sensibilità da parte degli insegnanti che lo bocceranno.  Marco proseguirà gli studi senza problemi e senza ostacoli e come i tre fratelli più grandi dal canto loro, troverà abbastanza presto la sua strada. Camillo soffriva probabilmente, perché non rendeva  negli studi quello che la famiglia si sarebbe aspettata da lui, o, per meglio dire,  quello che lui stesso  avrebbe voluto dimostrare di essere capace di fare! E così che  dovette insinuarsi  in lui quel tarlo della depressione, in gran parte causato dal complesso d’inferiorità nutrito  nei confronti dei fratelli. Questi  si realizzeranno  presto nella professione come nella vita, sostenuti dalla fiducia in quei valori in cui credevano e per i quali si battevano. Non dimentichiamo che Piergiorgio creò e diresse i “Quaderni piacentini”, rivista che rappresentò, a lungo, un punto di riferimento imprescindibile per gli intellettuali e i giovani della sinistra rivoluzionaria  di quel tempo. Marco diventerà regista e, con la collaborazione del fratello Tonino, magistrato, che lo produrrà, realizzerà  il già citato “I pugni in tasca” con cui si impose all'attenzione della critica e del pubblico soprattutto di giovani cinefili entusiasti. Già in quel film, in parte autobiografico, l’esordiente autore condanna la grettezza della provincia, la famiglia, microcosmo della società  della quale riflette in pieno  i difetti. Tutti temi questi che Bellocchio svilupperà in altre opere e che non mancano neanche in questo film, dedicato alla  sua, di famiglia. Il colore che sceglie per tradurre in immagini il suo vissuto gli è complice nel rendere quell'atmosfera non proprio mai serena della sua casa, così pure,  esso appare fortemente emblematico di quegli anni tristemente segnati dalla dittatura, dalla guerra, da tutto quel carico di dolore e di morte che ne fu la conseguenza inevitabile. Le foto di famiglia, che intercalano i fatti storici, documentano anche momenti felici, ma su tutte domina e colpisce quello sguardo dolce, malinconico di un bambino la cui sofferenza, nessuno dei familiari seppe cogliere in tempo. La madre, angosciata dal grave disturbo psichico di Paolo, il primogenito, non riuscì ad  offrire né conforto né serenità agli altri figli che crebbero  ossessionati anche dalla sua arcaica concezione  religiosa, sempre associata alle fiamme dell’inferno,  a quei sensi di colpa che esse inevitabilmente generavano  e a cui era difficilissimo poter sfuggire  per intraprendere un più autentico e sano percorso spirituale. Bisogna ammetterlo, confesserà Marco, “ognuno pensava a se stesso in quel manicomio che era la nostra casa”! Da essa egli infatti  si allontanerà per primo, abbastanza presto, con l’intento di farsi strada nel cinema  e dare  così libero sfogo alla sua creatività. Sarà regista!

 Avrà inizio così per lui, quella fortunata , ma meritatissima carriera di cineasta militante , dallo sguardo lucido, rigoroso e attento a cogliere e a interpretare tutte le sfaccettature della realtà, mantenendo una posizione sempre coerente con le sue idee politiche e i suoi principi etici. In questo suo ultimo film, meno politico e più intimista degli altri, l’autore, con altrettanta onestà, si interroga invece sulla sua  stessa superficialità, sulla sua leggerezza nel non aver saputo intuire la sofferenza di quell’ ”alter-ego” con cui aveva condiviso la vita prenatale  e che tanto ora gli manca.

Alla depressione di cui certo Camillo era affetto, Marco rimpiange infatti, di non aver saputo opporre altro che “cazzate”  come lui stesso sarcasticamente le definisce, slogan sessantotteschi, quegli stessi  con cui si esprimeva la contestazione giovanile dell’epoca. A modo suo, aveva provato a curarlo, offrendogli una felicità che doveva e poteva, secondo lui “certamente”, scaturire dall'impegno  politico, dal servire il popolo, dallo sposarne la causa, abbandonando certezze borghesi e quel modello di vita che vedeva nel  “sistemarsi” il perfetto epilogo di una raggiunta maturità.

“Marx può aspettare” rispondeva Camillo, infatti, abbozzando un amaro sorriso, sottolineando quasi con un ghigno le sue stesse parole.

Cosa avrebbe voluto, in realtà dire? Voglio ancora divertirmi?  Voglio trovare la mia strada senza che nessuno me la indichi o mi rimproveri di averla intrapresa? Ma quale strada voleva trovare?!

 Può darsi che volesse dire più semplicemente : “Siamo fratelli , vogliamoci bene”!

“Marx può aspettare” dunque, Marx, o chi per lui, possono forse aspettare! Può valere per due fratelli…come per due popoli, affini  e non, se la guerra annienta  la pace e li rende nemici!  

                                                            Jolanda Elettra Di Stefano

Regia e sceneggiatura: Marco Bellocchio

Scenografia: Andrea Castorina

Fotografia: M.Chierchi Palmieri- P. Ferrari

Musica: Ezio Bosso


                          

                                                                                                           

 

 

 

Commenti

Post popolari in questo blog