Per la Rubrica " CINEMA E ARCHITETTURA"
Un divano a
Tunisi
Il titolo stesso ci fa
entrare subito in argomento; concentra sin da subito la nostra attenzione su di
un elemento basilare dell’arredo di un living: un divano. Nessuno stile lo
connota in maniera particolare: è morbido, accogliente, abbonda in cuscini e appare ben disposto a sentirne di tutti i
colori. La sua funzione è duplice; oltre a quella ovvia del relax, infatti,
funge da lettino per i pazienti che , sin da subito, e in barba a tutte le
aspettative, affolleranno lo studio di Selma, giovane psicoanalista tunisina,
tornata da Parigi con la ferma intenzione di aprire uno studio e potere esercitare
liberamente la sua professione. Pura
utopia, purtroppo, a Tunisi, per una donna! Un sogno! svanirà confuso con il
turbine di sabbia che un vento caldo e narcotizzante solleverà alla fine,
rendendo tanto opaca la scena da farla
sembrare irreale.
Il divano dunque,
metonimia perfetta, è solo una parte di un contesto, ma rende il tutto: ci
racconta infatti di una Primavera araba sbocciata e tutta ancora da compiersi,
ci racconta di aspirazioni frustrate, desideri repressi, aneliti soffocati da
un mondo complesso e difficile, dinanzi al quale però, proprio la serena
visione della scienza riesce, anche se per poco, a mettere ordine, curando
ferite, fragilità e complessi.
E’ una commedia quella
cui assistiamo, e la regista adotta uno
schema che evoca ironicamente quell’ unità, se non di tempo, di luogo e di
azione che costituivano l’impianto del teatro greco. La differenza sta nel
fatto che, di solito, sulla scena arcaica si fronteggiavano due case, dunque due differenti idee, simbolicamente due tesi; esse garantivano il contrasto, la conflittualità
che il finale poi sanava. Qui, il divano e tutto ciò che su di esso,
mediante esso e dietro di esso accade, non tollera un contraddittorio; siamo
noi il contraddittorio, noi che osserviamo al di qua dello schermo, divertiti e perplessi, poi sempre più increduli, dinanzi a fatti che ci sembrano inconcepibili! “In medio”, “In
medio stat virtus”: Selma , il volto enigmatico e triste del futuro, quel
futuro cui tendere nonostante tutto e se Selma fallisce è l’Occidente che
crolla, quell’ Occidente tronfio e pago di se stesso, lontano anch’esso, ancora
anni luce, dalla piena realizzazione di quegli ideali che ne hanno creato il
mito, ma non hanno saputo cucirgli addosso un abito “femminile” che abbia
parvenza di autentica realtà!
Jolanda Elettra Di Stefano
“Un divano a Tunisi”-
Opera prima della regista franco-tunisina : Manèle Labidi
Interpretato da Golshifteh Farahani- (2019)
Premio del pubblico al festival di Venezia 2020
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