"Malcom e Marie"- La parola ai poeti

 Già Catullo e poi Ovidio,  prendendo spunto da un noto proverbio latino,  avevano assunto tra i loro versi, parole come: " Nec tecum, nec sine te, vivere possum", probabilmente affascinati dalla profondità del messaggio, breve, conciso e, per certi versi, esaustivo di quanto concerne l'aspetto più controverso del sentimento dell'amore: la sua contraddittorietà . Non ci sarebbe stato niente da aggiungere se tale ambiguità, tale ossimoro fosse stato chiarito nel corso dei secoli ma, poiché neanche la psicoanalisi ci è a tutt'oggi di aiuto, sul mistero dell'amore,  si continua a indagare; ci si interroga, si discute, lo si analizza, senza mai riuscire a spiegarlo. L'amore è sempre stato e continua ad essere, soggetto e oggetto del contendere tra esseri umani, groviglio inestricabile di sentimenti, emozioni, ragion d'essere dello stare al mondo, comunque la si pensi e comunque lo si viva. Energia pulita, motore dell'universo, che induce a forzare i limiti della fisicità stessa di cui pure si nutre; sovrano assoluto della sfera dell'irrazionale, dinanzi a lui, la ragione slitta e solo l'arte, con ogni suo mezzo, dal più povero al più sofisticato, spesso lo ricrea e ci consola di non averlo mai compreso del tutto. La parola ai poeti dunque: 

CATULLO: Odio e amo: Me ne chiedi la ragione? Non so, così accade e mi tormento!...Ora ti ho conosciuta, e anche se brucio più forte,  tuttavia per me, sei molto più vile e leggera! - Come è possibile? - dici - Perché tale offesa costringe l'innamorato ad amare di più, ma ne spegne l'affetto! 

 OVIDIO: Lottano, fra loro, e trascinano il mio debole cuore in opposte direzioni, l'amore e l'odio, ma penso vinca l'amore; ti odierò se potrò, altrimenti ti amerò, mio malgrado. Anche il toro non ama il giogo, eppure porta il giogo che odia. Fuggo dalla tua infedeltà, ma mi riporta indietro la tua bellezza...Così, non riesco a vivere né con te né senza dite e mi sembra di non sapere che cosa voglio davvero!  (Dagli "Amores")

Dalle "Heroides" "Lettera di Penelope ad Ulisse: Ulisse , a te che tanto indugi, manda la Penelope tua questo messaggio, non perché le risponda, vieni tu, piuttosto! Certo al suolo è ormai rasa Ilio, odiata dalle greche fanciulle. io non credevo che Priamo e Troia mi costasser tanto!...Or nell'abbandono non mi dorrei del lento andar del tempo, né stancherei le vedove mie mani, su questa tela senza fine, intenta a ingannare le lunghe ore notturne! Ora hanno fatto ritorno i duci achei ed ogni moglie pende dal labro del marito che racconta.. oh, ma che giova a me se dalle vostre mani fu lacerata Ilio, tu vincitore, non sei qui, né posso conoscer la causa dell'indugio, né in qual terra , crudel, tu ti nasconda.... tu hai un figlio che ora, in questi suoi anni novelli, doveva alle paterne arti educarsi, pensa a lui,  pensa a tuo padre...pensa a me che quando tu partisti ero una ragazzina, se anche presto giungi, ormai, ti sembrerò una vecchietta! 



               

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