" Il Monello"

Il sei febbraio del 1921, a little star was born in quel di Los Angeles: Jackie Coogan, l'indimenticabile interprete del film "Il Monello", il capolavoro di Charlie Chaplin. Il film acclamato e apprezzato in tutto il mondo, divenne ben presto, l'archetipo imprescindibile, di tutte le storie che hanno per protagonisti, un adulto e un bambino che lottano insieme per la sopravvivenza e finiscono per trovare, nell'affetto reciproco che nasce fra di loro, una buona ragione per amare la vita e sfuggire a quel destino crudele che li voleva emarginati ed esclusi. 

Charles Spencer Chaplin, attore amato e affermato ormai, e  da poco anche regista, non dimentica l'infanzia londinese, segnata dagli stenti e dalla povertà e mette in scena la vita, rivelando il volto più vero ed autentico di quell'America che stava per decollare come prima potenza economica e politica del mondo . Sono quelli gli anni ruggenti, l'epoca di Fitzgerald, del Jazz, della comparsa delle prime automobili e, nel campo dell'arte dell'immagine,  del cinema; é l' inizio di quel sogno americano da cui tanti si sentirono chiamati ma che si realizzerà solo per pochi eletti. La stragrande maggioranza della popolazione, per lo più, immigrati da tutto il mondo si arrangiano a vivere nei quartieri dormitorio, dove condividono con le minoranze etniche, neri, indiani, messicani e immigrati , la stessa emarginazione e lo stesso disprezzo.

A questo, a tutto questo attinge il genio; la  realtà è la linfa della sua arte e se al vuoto di umanità creato e voluto da una società votata all'opulenza che la rende ottusa e indifferente, si aggiunge per il nostro autore-regista ed interprete, in quel particolare momento della sua vita, quel deserto che solo una ferita devastante, quale la perdita di un figlio di appena quattro anni può procurare, ecco che si schiude, dinanzi a noi, il mistero della sua creatività!  Nasce  così"il monello"  e se ancora ci commuove, non possiamo, rivedendolo, non essere sempre stregati dalla sua perfezione. Anche i mezzi con cui l'autore l'ha raggiunta sono poveri, gli unici disponibili allora,( specie se messi a confronto con quelli sofisticatissimi di cui oggi si dispone), il bianco e il nero e il muto, che però, abilmente maneggiati dall'artista, rivelano un 'efficacia espressiva tale da suscitare ancor oggi profonda emozione. 

Il monello, tenero, dolce, incantevole, lesto di mano e di cervello, brilla per spontaneità, intelligenza e grinta da attore navigato; umanissima e toccante poi, quella figura di vagabondo-padre mancato che trova nell'accudire un trovatello la sublimazione più appagante del frustrato desiderio di paternità. E' mastro Geppetto, alle prese con un bimbo in carne ed ossa in un "film-verità", non in una favola.

Chi potrebbe mai dimenticare gli espedienti che questo papà per caso, ricorre per nutrire il suo piccolo. La scena in cui, mediante un complicato sistema di fili mobili, accosta alla bocca del bimbo il beccuccio di una caffettiera, è impagabile; così pure esilaranti le scene in cui la piccola canaglia, svelto come una faina, gira per le strade e rompe i vetri delle case, per garantire lavoro al suo "papà adottivo" che avrebbe avuto così l'opportunità di ripararli. Ed infine soprattutto la scena in cui sogna il Paradiso e dimentica la povertà, la solitudine e quel senso di vuoto che l'assenza del piccolo, ormai restituito alla madre, non poteva non creare. Le parole, se anche ci fossero, sarebbero superflue, parla la musica e il suo dolce mistero è il tocco di grazia finale che va diritto al cuore. 

                                                         ( Jolanda Elettra Di Stefano )

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