“Conclave (2024) – regia di Edward Berger

Più che un thriller, come viene sbrigativamente  etichettato, quest’ultima fatica di Edward Berger (Oscar nel 2023 per “Niente di nuovo sul fronte occidentale" è un enigma e la soluzione di esso non sta tanto nell’epilogo del film, quanto nei dettagli scenici e nella valenza simbolica di essi . A giochi fatti, e alla fatidica fumata bianca che ne consegue, appare infatti sullo schermo, padrona assoluta della scena una tartaruga che, a passi lenti e brevi, com'è nella sua natura, tenta di raggiungere il suo luogo naturale. Non si può non notarla anche perché Monsignor Lawrence, decano del collegio dei cardinali,  accorsi a Roma per riunirsi in Conclave ed eleggere il nuovo Papa,  la solleva delicatamente e ne agevola il ritorno all'acqua. E’ il suggello di un’opera altrettanto avvincente, come lo è il romanzo di Robert Harris da cui è tratta, ma a differenza di esso, il regista sorvola sul profilo psicologico dei vari personaggi, ben delineati nel libro e ci guida sin da subito nei meandri di quel mistero che avvolge e connota il passaggio di poteri più intricato e oscuro del mondo, quello nel quale interviene, per dogma, il suggerimento imprescindibile dello Spirito Santo. La tartaruga di cui sopra  è un primo indizio per orientarci nel labirintico mondo dell'autore, essa innanzi tutto fa balzare alla mente il paradosso di Zenone e illumina,  non solo di un sorriso rassicurante il volto  un magnifico attore, qui nel ruolo di sovraintendente al collegio dei cardinali, ma scioglie l’atmosfera tutta del drammatico racconto indicando una, benché pallida via di futuro, incerta, complicata, difficile ma non impossibile e da intraprendere col cuore colmo di speranza. Nella logica di Zenone, filosofo greco di epoca precristiana, Achille non raggiungerà mai la bestiola più lenta del mondo, ma a noi non interessa sapere se, trascorsi tanti secoli ce l'ha fatta oppure no, quello che traiamo da questa reminiscenza e  dal simbolo ad essa connesso è che la tartaruga, così evidenziata, non può che rappresentare, a mio avviso, la Chiesa, istituto religioso universale per i cattolici, che, se vuole tutelarsi e proiettarsi nel mondo a venire, non può che rinnovarsi,  affrettarsi ad avanzare, ma farlo lentamente, per non lasciare nessuno indietro, includere gli ultimi “ i diseredati, gli oppressi, coloro che hanno fame e sete di giustizia”, come recitano le Beatitudini pronunciate da Gesù stesso in vita;  affratellare, in una parola: amare |e insegnare ad amare!

La terra è sconvolta da insanabili conflitti e la guerra che si combatte all'interno delle mura di S. Marta, il convento dove alloggiano i cardinali, in occasione del Conclave, non è meno rischiosa, per le conseguenze anche geopolitiche che da esso possono scaturire. Come tale, va dunque condotta; così fa notare Monsignor Aldo Bellini, l'ottimo  Stanley Tucci,  che riesce  talmente credibile nel ruolo che svolge, da rubare la scena all'impeccabile Ralph Fiennes ; a sua volta quest'ultimo si rivela perfetto anche nei difetti  che deve pur mostrare per rendere al meglio il compito che gli è stato assegnato. Sfodererà  tutta l’ambiguità e la doppiezza che  occorre, per garantire lo svolgimento regolare dell’assemblea  cardinalizia e far sì che la scelta degli elettori possa coincidere con il disegno divino!

 Purtroppo però, malgrado l’ organizzazione dell’evento sia stata programmata prevedendo ogni possibile intoppo, qualcosa  andrà  storto e anche il suddetto decano sarà  costretto a trasgredire. Il nobile consesso nel quale opera è fatto di uomini e, come tali,  fragili, piccoli;  se inquadrati dall'alto poi, appaiono addirittura come birilli o più prosaicamente come teste d’uovo ordinatamente disposte nella scacchiera di cartone che  di solito le custodisce per evitarne la rottura. Su di essi incombe, clamoroso contrasto, la magnificenza e la maestosità dei palazzi del Vaticano, ricostruiti a Cinecittà e presi in prestito, per una simulazione alla reggia di Caserta. Berger e Fontaine, fotografo di scena, operano in tal senso in perfetta sintonia, traendo dal reale immagini sofisticate che si potrebbero accostare a quelle  di Escher, pittore espressionista  e grafic designer degli inizi del ‘900, che pose alla base della sua  ricerca estetica, l’instancabile  volontà di indagare l’infinito.   Qui gli effetti geometrici paiono essere invece  emblemi di un Razionalismo puro, di cui si vuole condannare l’astrattezza; simbolicamente esse insinuano il dubbio dove dovrebbe brillare solo la luce della spiritualità. In tutte le scene domina il grigio in tutte le sue sfumature; un senso di vuoto, di solitudine grava sui luoghi e su questa fetta di umanità porporata che sotto la tonaca nutre tanta ambizione e pochissima fede. Quel  che sgomenta in questo contesto è che , al pari del più misero dei cortili, quelli dove non arriva il sole del buon Dio, circolano “rumors” d’ogni ordine e tipo, dettati  ancor più che dall’ambizione, vizio nobile ormai, da una voglia esasperata di tirare verso il basso l’esistenza umana, massacrare chi eccelle e trascinare nel fango, in questo caso letteralmente, i più “papabili”!  L’ala  conservatrice della Chiesa, ben rappresentata all'interno del Conclave, opera per  far sì che la Chiesa torni indietro  di secoli, di millenni, di ere, e  profana il tempio senza alcun pudore. Parola d’ordine: annientare l’ala liberale progressista che in Lawrence e in Aldini  trova i suoi più convinti sostenitori,  screditare la loro competenza teologica,  appiattire, con ogni mezzo,   il livello culturale dell’assemblea tutta, perché emerga e vinca il peggiore! E il peggiore è già pronto: è sua eminenza  cardinal Goffredo Tedesco, l’italiano ultraconservatore che vediamo sempre abbuffarsi di cibo e tuonare contro ogni sentore di novità, di progresso. Sergio Castellitto lo interpreta creando una macchietta esilarante, una via di mezzo tra Don Abbondio, il prototipo,  e tutti i "Don" della Commedia all’italiana, figure tragiche e comiche al contempo che dipingono l’italiano medio, la sua rassegnata impotenza e quel suo proverbiale  adagiarsi   e tollerare qualunque capo, uomo o donna che sia,   che garantisca il più soporifero quieto vivere! Davanti a un piatto di tortellini, comunque, tutti i partecipanti al Conclave sorridono. E’ l’unico  momento di distensione,  poi  li vediamo aggirarsi guardinghi tra marmi e architetture barocche,  parlando sommessi, l’uno temendo l’altro, l’uno invidiando l’altro che ha già guadagnato, specie se a sorpresa, un già congruo numero di voti nelle prime votazioni.

Il vento soffia  tra archi e colonnati, fa svolazzare le tonache degli aspiranti papi, creando un divertente effetto scenico che tanto ricorda Fellini o il più recente “Habemus Papam” di Nanni Moretti; volano,  si diffondono così nell’aria, banali pettegolezzi come pure  pesanti calunnie che la Madre superiora di Santa Marta, Suor Agnes, magistralmente interpretata da Isabella Rossellini, figlia d’arte e capace come pochi di dimostrarlo, tenta di parare  perché non scompiglino l’atmosfera dei luoghi sacri e non  compromettano l’andamento del Conclave. Osserva in silenzio ma nulla le sfugge, tace ma non acconsente e al momento opportuno con lucida determinazione impone la sua volontà ed evita lo scandalo. Non lo evita però il regista che anzi lo sottolinea; di esso ci informa infatti servendosi  di inequivocabili mezzi espressivi, quali  la presenza ossessiva di scale intersecantesi e che,  orientate in diverse direzioni, sfidano, come anche  Escher aveva osato concepire,  anche le più elementari leggi della Fisica.   A volte  illuminate, a volte in ombra, esse raccontano ascese e discese repentine di coloro che, come in qualunque contesto dove la posta in gioco è la scalata al potere, denunciano  quell'insopprimibile  desiderio che porta l’essere umano a barattare la propria dignità  per  quel trono  o quel gradino che in esso fa sperare e  che  si vuole strappare all'avversario, anche solo ipotetico.  Le immagini che riprendono scale in discesa, danno le vertigini; gli  spazi entro i quali sono inserite disorientano, le celebri colonne,  nate per simulare un abbraccio universale,  nella mente del geniale artista che le concepì,   finiscono qui per creare una prigione senza muri! Dalle ampie finestre  poste in alto piove una luce opaca, come  opaca  appare la fede di coloro che dovrebbero guidare la Cristianità! L’elezione del Papa, infine, nella persona di Vincent Benitez,  missionario in Afghanistan e nominato cardinale solo qualche giorno prima della dipartita, dal precedente pontefice, segnerà la svolta resasi  improcrastinabile nella storia della Chiesa; la scelta del nome non ha bisogno di commenti: si chiamerà Innocenzo!!!        

                                                                                               Jolanda Elettra Di Stefano

Regia: Edward Berger

Sceneggiatura: Peter Straughan

Attori Protagonisti: Ralph Fiennes : Cardinale Thomas Lawrence

                                 Stanley Tucci:  Cardinale Aldo Bellini

                                  John Lithgow:  Cardinale Joseph Tremblay

                                  Sergio Castellito: Cardinale Goffredo Tedesco

                                  Lucian Msamati :  Cardinale Adeyemi 

                                  Carlos Diehz:  CardinaleVincent Benitez

                                   Isabella Rossellini: Suor Agnes

Fotografia: Stephan Fontaine

Scenografia: Suzies Davies

Colonna sonora : Volker Bertelmann

Montaggio: Nick Emerson

Costumi: Lisy Crhristi

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