La Stranezza - regia di Roberto Andò
Se l’umorismo è per Pirandello il “senso del contrario,”
tutta “La stranezza” va letta, a partire dal titolo, sulla base di questo
presupposto che rivela, in gran parte, le intenzioni di un’opera che mescola
cinema e teatro, circo e avanspettacolo, cabaret e vaudeville e mette in
discussione tutto questo pastiche perché si rivoluzioni o tramonti per sempre,
perché si rassegni a cambiare per rifiorire a nuova vita! E a chi affidare
questo titanico e, al contempo, delicato compito di rinascita se non alla
coppia di comici tra i più amati del piccolo e grande schermo: Ficarra e
Picone, in stato di grazia già “ricevuta”, se il film, in una sola settimana di
programmazione nelle sale, è già risultato “primo”negli incassi?
Siamo sin da subito indotti a capovolgere i nostri ricordi,
le certezze acquisite con lo studio, per poi
accettare la sfida degli autori e intraprendere questo viaggio dell’assurdo che in corso
d’opera riceve il beneplacito di Pirandello redivivo e dal cielo la supervisione di Federico Fellini. Cade per
prima sotto i colpi della sferza magica la novella “La rallegrata”, che, capovolta,
diventa una sorta di rimpatriata, giacché il regista ipotizza che il maestro
Luigi Pirandello, già scrittore affermato, da Roma, dove vive e insegna letteratura
all’università, torna in Sicilia per
festeggiare l’ottantesimo compleanno dell’amico e maestro Giovanni
Verga. Non appena arrivato apprende la, per lui tristissima, notizia che l’amatissima
balia, Maristella è venuta a mancare, proprio quella notte, dunque, oltre ad
affrettarsi a darle l’estremo saluto, si darà da fare per garantirle la dovuta,
onorata sepoltura. E’ così che il futuro premio Nobel si imbatte in due
scalcinati becchini con la passione del teatro e a lui, che vive un momento di
crisi creativa, essi ridaranno spunti,
nuova verve, entusiasmo, quella gioia che la vita, l’incomprensione, le
invidie, per aver dimostrato di essere
“avanti” rispetto alla cultura stantia e retrograda del suo paese, gli avevano
negato. Gli italiani mostrano di preferire un’arte fatta di parole, come lui stesso
definisce quella di D’Annunzio, il poeta
vate, cesellatore di forme, a un’arte
fatta di cose, di sostanza, come la sua.
Tony Servillo, che confermiamo essere specializzato nelle
reincarnazioni, deposta la maschera di Edoardo Scarpetta magnificamente esibita
in “Qui rido io” dà anche qui, corpo e anima a Luigi Pirandello e ci regala
una performance da brividi! Come uscito da una seduta spiritica appare esattamente
come possiamo immaginarcelo: un uomo schivo, riservato, taciturno, con quello
sguardo malinconico e profondo intento a scrutare la materia per coglierne
sempre la sua più intima essenza.
Questo trio inedito e improbabile: Ficarra, Picone e Servillo,
nei ruoli rispettivamente di Onofrio, Sebastiano e Pirandello, dispone
sin da subito alla risata, ma essa non deve impedirci di cogliere l’aspetto
dolente della “Trincea del rimorso” che i due teatranti stanno allestendo e ad
assistere alla quale invitano quell’uomo che si è rivelato essere Pirandello e che assisterà
volentieri allo svolgersi di questa “commedia drammatica” che sciorina tra frizzi e lazzi tutta la
storia del teatro esaltando, grazie alla bravura degli interpreti, tutta una tradizione e una cultura, siciliana
e non solo, di cui Salvo e Valentino sono figli e oggi mirabili esponenti.
Il dialetto
siciliano, parlato con disinvoltura e naturalezza, restituito al suo autentico
accento, alla sua dignità, depurato cioè
da quella volgarità cui lo ha
abbassato tanta produzione becera di film su mafia e dintorni, rende onore al
merito di un lingua dalle mille sfumature cromatiche, rendendo superflui i sottotitoli. I gesti, altra
lingua madre di cui siamo figli noi meridionali, comunicano anche le viscere
del non detto e scatenano effetti che sono esilaranti!
Le citazioni si sprecano, assemblate con allegria, e tutto
cuoce in un calderone che mostra quanto teatro abbiamo dimenticato sicché recuperarlo
attraverso la satira non può che ridare linfa a una cultura che langue incapace
di reagire alla globalizzazione della merce come del sapere, spesso umiliato e che osserviamo impotenti avviarsi verso un
lento inesorabile naufragio. E’ questo il messaggio trasversale a tutte le
scene del film, l’atmosfera è cupa e la fotografia ne è complice; il verde e il
nero-seppia, colori dominanti della messa in scena non fanno che sottolineare
in chiave sarcastica quel “ memento mori” che sempre incombe sul destino degli
uomini. La risata però ci restituisce alla vita, ma con la consapevolezza che
sta a noi stravolgerla per viverla, e non solo per raccontarla, come fa l’arte
che spariglia le carte e ci scuote dal
torpore dell’indifferenza o peggio dell’ignavia!
Anche il paesaggio si presta a dare volto alla dolente weltanschaung di Roberto Andò, il
regista. Nei rari esterni che si concede, appare una Sicilia arcaica e sonnolenta, un Paradiso perduto,
una metafora del mondo che sottende quel messaggio universale contenuto, ancor
più che nei “Sei personaggi in cerca d’autore”, in un’opera
che Pirandello scrisse proprio agli inizi degli anni venti nella quale afferma
che la vita non è altro che illusione “e chi tentasse di fondarsi su cotesta
illusione, di fatto, non si trova se non dinanzi a un perpetuo apparire e
sparire di ombre labili e vane”.
Al di là dei rimandi
più o meno espliciti, il film è divertentissimo e Ficarra e Picone, questi
adorabili guitti ”nati stanchi”, ma che, proprio per questo, ci rappresentano
in maniera inequivocabile, ci hanno restituito il buon umore, perciò mi preme aggiungere che, scenograficamente parlando, andavano “messi in luce”, nel senso letterale del
termine, per dirla giocando con le parole, uno degli espedienti tipici della
loro comicità. Essi infatti, nel corso
delle prove della loro commedia, mostrano come anche solo una pausa
può cambiare il senso di un messaggio. Provate a dire: “Non ho nessuno scopo e sono felice”!; staccando lo
scopo dal suo aggettivo, la frase assume tutt’altro significato!
Jolanda Elettra Di Stefano
Regia di Roberto Andò
Sceneggiatura: Andò-Chiti- Gaudioso
Attori protagonisti: Tony Servillo- Salvo Ficarra - Valentino Picone
e con: Aurora Quattrocchi, Luigi Lo Cascio, Roberto Erlitzka, Donatella Finocchiaro, Renato Carpentieri, Giulia Andò, Sebastiano Vella
Fotografia : Maurizio Calvesi
Musiche: Michele Braga
Costumi: Maria Rita Barbera
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