"The holdovers- Lezioni di vita", regia di Alexander Payne

Dalla chiassosa e irriverente commedia degli esordi, “Sideways”,  Alexander Payne preleva Paul Giamatti, suo attore feticcio,  e lo catapulta dall’atmosfera calda e narcotizzante della California, nel gelido inverno del  New England dove, affidandogli sempre lo stesso ruolo, quella del prof. isterico e sfigato,  qui docente alla Barton school, uno dei più prestigiosi college d’America,  riesce a trarre da lui, oggi tra i migliori interpreti del cinema internazionale,  note malinconiche, autentiche vibrazioni dell’anima simili a quelle che ha espresso in film come “ Vite private” o addirittura anche  in ruoli minori  come quello dell’indimenticabile autista di  Mrsz Pamela Traves in “Saving mr. Banks”. Prendendo spunto dal film di Marcel Pagnol del 1936, Payne ci mostra uno spaccato dell’America, osservandola da un’ottica intimista, e traccia la  parabola di un paese che, al di là della forza e della stabilità economica a tutt’oggi preponderante, appare ormai ripiegato su se stesso e non costituisce più quel modello di sviluppo e, se non di sogno, almeno di  speranza che  tutto il mondo tendeva ad imitare. Le prime scene di “The holdovers” mostrano una “Pietà”: l’ennesimo reduce dalla guerra del Vietnam viene  restituito alla madre, una donna afroamericana che ha perso anche il marito in un incidente di lavoro. Tutto già visto, ma certamente non scontato. Nessun dolore lo è mai! Sappiamo bene che In Vietnam morirono soprattutto i neri e i poveri. Non parlarne più non assolve la coscienza di nessuno!  L’atmosfera del film è dunque cupa; quel dolore è di tutti ed è ancora una ferita aperta!  La luce, la fotografia che ricrea quegli anni, connotano tutto il film e, più che significare il passato, adombrano il rimorso per un decennio di guerra, difficile da archiviare, ancor meno da giustificare!

Un senso di solitudine e tristezza vaga come un demone per i corridoi e le stanze vuote della “Barton school”. E’ Natale! Tutti sono partiti per le vacanze e solo in pochi sono rimasti, perché impossibilitati, per vari motivi, a trascorrere le vacanze in famiglia. Il numero si ridurrà poi a tre quando, graziati da un papà, Paperon dei Paperoni materializzatosi  in elicottero nel cortile della scuola, come in una favola, saranno prelevati e portati  a  casa. “Holdovers” saranno dunque:  Paul Hunham, il prof. più odiato della scuola  e, proprio per questo, scelto dal Preside per   sorvegliare i ragazzi,   Angus Tully, il ragazzo ribelle che nessuno vuole, neanche la madre che ha già pianificato le vacanze col nuovo marito e la capocuoca che non ha nulla da festeggiare perché ha da poco perso quell’unico figlio che ha servito la patria in Vietnam! Si viene a creare così, per ironia della sorte, l’esatto contrario di quella che siamo soliti chiamare una famiglia allargata, una famiglia in cui si sono invece “Ristretti i  ragazzi” e non è scontato che debba o non debba funzionare. I tre malcapitati dovranno convivere, loro malgrado e non sarà facile, sino a quando non si libereranno di quella corazza che hanno deciso di indossare per difendersi dalla crudeltà del mondo. Il prof. si trincera dietro i suoi modi bruschi, il rigore e la disciplina, applicata in forme  a tratti esasperanti; gli appaiono il metodo migliore per ricondurre sulla retta via gli alunni e, in particolare, quel ragazzo difficile, prepotente, e spesso anche violento, che bisogna tenere  a bada perché non si metta nei guai e non crei problemi anche  a chi lo ha in custodia. Cosa che puntualmente accadrà! Per fortuna tra i due c’è Mary, Mary Lamb, che  non è solo una vivandiera, ma un elemento catalizzatore, con la sua sensibilità, il  suo senso pratico, il  disincanto con cui cerca di superare il dramma che l’ha colpita, farà da madre a Paul e ad Angus; compenserà quel vuoto fisico e affettivo di cui entrambi soffrono. Non poteva esserci scelta migliore da parte del regista che  affidare  il ruolo di Mary  a Da’ Vine Yoy Randolph. Emana calore, la sua stessa generosa fisicità colma quegli spazi, vuoti di speranza e orfani di amore: una via di mezzo, metaforica e non, tra la governante di Miss Rossella in  “ Via col vento" e Whoopi Goldberg in ”Il colore viola”. La cultura che pure è padrona di casa in tanta aristocratica dimora evidentemente non suggerisce nulla, non sostituisce minimamente la dolcezza del Natale in famiglia.  Fuori tutto è coperto da una coltre di bianco e, per risparmiare, gli holdovers trascorrono le giornate in cucina perché è l’unico ambiente dove il riscaldamento è rimasto acceso.  Ed è lì che accade il miracolo! Farà di più il prosciutto al forno, la purea di patate, la torta di mele innaffiata col whisky, preparati da Mary, che tutta la  storia del pensiero e dell’evoluzione umana contenuta in migliaia e migliaia di volumi polverosi ammassati in biblioteca. Il silenzio tra i tre, non reggerà a lungo, il senso di vuoto e le  carenze affettive  li affratelleranno più di quanto potessero augurarsi per sopravvivere a questa convivenza obbligata. Paul, il prof., finirà anche per cedere alla richiesta di Angus di  partire per Boston con la scusa di effettuare una plausibilissima uscita didattica. Nascerà  così una complicità insperata che cambierà radicalmente le loro vite!   Crollerà quel castello di bugie di cui erano vittime, anche inconsapevoli, o per meglio dire si scioglierà come la neve che si accumula ai bordi delle strade e sciogliendosi lascia il posto al fango,  dettaglio scenografico da non trascurare perché presto giocherà il suo ruolo nella vicenda.  Scomparirà così, il prof. isterico, cattivo , dallo sguardo asimmetrico e, come se non bastasse,  maleodorante; già, perché soffriva anche di una malattia rara  a causa della quale la  sua pelle emanava uno sgradevole odore di pesce; apparirà il padre, il fratello, l’amico che alleggerirà all’adolescente “Incompreso”,  la pena di vivere e che a sua volta restituirà all’adulto la  gioia di stare al mondo. Più che per Boston hanno viaggiato  l’uno verso l’altro e alla fine si sono raggiunti! Hanno ritrovato lo scopo per cui ha senso vivere, sperimentare, aprirsi agli altri, intraprendere relazioni positive! Sembrerebbe questa la lezione cui allude il sottotitolo del film e potremmo accettarla in toto se non sapessimo che essa è solo un’aggiunta della casa di distribuzione, un “volemmose bene” all’italiana. Se vogliamo  invece maggiormente sviscerare il Payne-pensiero, dobbiamo attenerci al titolo secco, scelto da lui, e caso mai tradurlo con “I resilienti”  nel senso che oggi il termine ha assunto nella lingua italiana mutuato dalla psicoanalisi,  cioè coloro  che a qualunque età,  alle bufere della vita oppongono con serenità la voglia di rinascere dalle macerie del loro catastrofico   destino.

  A questo punto, più che l’ “Attimo fuggente”, splendido cult-movie del 1985, irripetibile anche perché legato a un preciso ricordo dell’autore, suggerirei altri rimandi, altri riferimenti che certamente avranno contribuito a creare il background del regista e di Davide Hamingson,  l’autore della sceneggiatura, primo fra tutti. “Se”, del 1968, fu lo specchio dell’Inghilterra, come “The holdovers” oggi  lo è dell’America, osservata dall’alto di queste high schools esclusive, dove si impara soprattutto a ben  mentire e dove però,  per reazione, non può non  covare  nelle menti migliori una struggente nostalgia per un mondo più umano,  quel mondo che in qualche caso cinematograficamente si è avverato  alla “Bird”, per esempio, come accadde nel film: “Profumo di donna” di Martin Brest, grazie alle argomentazioni  inoppugnabili del colonnello Slade, in difesa dell’alunno povero e innocente e all’ impeccabile  relativa performance  di Al Pacino! L’ aggancio  ancora più calzante, è però  “Breakfast club “ di Hughes, qui però una punizione costringe  sei ragazzi a passare un sabato in biblioteca  a causa del loro  riprovevole comportamento. Lo stato di cattività renderà  complici gli adolescenti in questione, e farà emergere per ognuno di loro un vissuto non facile e al contempo la voglia di aprirsi, di capirsi, che si rivelerà  più funzionale alla loro crescita più di qualunque provvedimento disciplinare.  Alla fine della giornata, il rancore e la rabbia cederanno il posto ad una dignitosa rassegnazione e all’ammissione degli errori compiuti. Risultati questi che  i ragazzi raggiungono spontaneamente, confrontandosi, smussando gli angoli dei loro caratteri, nello sforzo comune e nella sincera volontà di migliorare.

  Si impara di più, se si cresce con l’altro, anche se ci pare anni luce lontano  da noi. Essere costretti a comunicare, interagire, porta a una reazione positiva, uguale e contraria al presupposto che lo impone. E nell’opera di Payne garantisce un lieto fine? Si  fino a un certo punto: Angus  rischierà  di essere espulso  dal College, per essere andato senza alcuna autorizzazione a trovare il padre che non era morto,  bensì degente in una clinica per malattie mentali,  Paul, il  prof. “burbero benefico” che si assumerà tutta la responsabilità della trasgressione del ragazzo,  sarà  invece cacciato dalla scuola!  Per Angus,  si riapriranno le porte della “Barton” e quelle del suo  futuro, anche di attore. Vederlo finalmente sorridere alla fine è un sollievo;  lo stacca dallo stereotipo cui si è attenuto con tanto zelo  e gli restituisce autenticità. Paul farà poi di necessità virtù, del suo difetto una risorsa; proprio quell’occhio strabico gli indicherà una nuova possibile strada; intanto gli ha consentito di scovare  e trafugare una bella bottiglia di ottimo cognac dalla stanza del preside e sarà il primo tangibile step del suo  riscatto!

Le note di “That’s my heart “ dei “Simple minds” (Menti semplici, appunto!) accompagneranno  il suo “esilio”   e, senza togliere nulla a un finale che vuole rimanere aperto, concludiamo con le parole della  canzone: “Non c’è luce alla fine del tunnel…ma il mio cuore custodisce un diamante, aiutami a farlo splendere”!

                                                                                                      Jolanda Elettra Di Stefano 

Regia:                        Alexander Payne

Attori protagonisti:   Paul Giamatti  (Paul Hunham)

                                  Dominic Sessa   (Angus Tully)

                                  Da'Vine Yoy Randolph   (Mary Lamb)

Sceneggiatura:          David  Hemingson

Fotografia:                 Eigil  Bryld

Musica:                      A cura di: Mark Orton

Montaggio:                Kevin Tent 

 

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