"Argentina 1985", regia di Santiago Mitre - 2022
Le dittature si somigliano tutte, le accomuna la smania del potere, l’isterismo ad essa connesso, una distorta visione dell’ordine e della sicurezza di un paese, così pure quel complesso di inferiorità che porta coloro che la impongono ad amare le divise, specie se esse, con stivaloni robusti e tacconi alti, riescono a sollevare la loro statura, spesso inversamente proporzionale alla loro arroganza e alla loro smisurata ambizione. Altro elemento che le affratella, la paura del diverso, dello straniero e ancora l’ignoranza colpevole di quella filosofia, l’Illuminismo, così detta non a caso, che sul finire del XVIII secolo, condannò ogni forma di oscurantismo, che esortò a spiegare ogni fenomeno umano al lume della ragione e indicò essa stessa come unico strumento di progresso e di emancipazione dell’umanità per tutti i secoli a venire. Ultima analogia da non sottovalutare, la stessa perversa tendenza auto assolutoria che porta i tiranni ad accusare le stesse vittime di torture, massacri , omicidi di massa, di tutte quelle colpe commesse insomma di cui non vogliono rispondere perché piuttosto conviene insistere con prepotenza sino a farle passare come atti di violenza, necessari per punire e scoraggiare i sovversivi.
Qualcosa del genere è accaduto di
recente anche in Italia, ma la tragedia cui faccio riferimento riguarda tutti e
tutti dovrebbero sentire il dovere di impedire che si ripeta! Dinanzi al naufragio di Cutro, di quella
barcaccia che portava emigranti e che si è sfracellata lungo le coste dello
Jonio, il nostro ministro degli interni non ha trovato di meglio da dire che è stata
colpa loro, per essersi messi in viaggio pur essendo consapevoli del pericolo
che una traversata su mezzi del tutto inadeguati certamente comporta! L’Italia
non è una dittatura; lo è stata dal 1921 sino al 1945, ma la nostalgia di
quegli anni non si può dire che sia del
tutta svanita, se assecondata, potrebbe ancora giocare brutti, brutti scherzi!
Anche in Argentina, come
apprendiamo dall’ottimo film di Santiago Mitre: “Argentina 1985”, i militari
rinviati a giudizio in quanto
responsabili degli orrori, di quella ferocia che contraddistinse la Dittatura
del decennio ‘73-’83 e che ebbe il suo clou nel dramma dei “Desaparecidos”,
dettero a questi ultimi la colpa della loro tragica fine, a questa loro folle pretesa di ribellarsi al potere
costituito che invece solo può garantire, ordine, sicurezza, benessere ed
equilibrio sociale. Contro i guerriglieri sovvertitori dell’ordine, la
violenza-diranno in tribunale per essere scagionati- dovrebbe essere
giustificata, in quanto messa in atto per il bene del paese!
A questo orrore, a tutto questo
sangue versato invano, il processo che Julio Strassera, procuratore della Repubblica
argentina, uomo di grande intelligenza, di profonda sensibilità ed estremo
coraggio, renderà giustizia, intentando finalmente, nell’aprile del 1985, un
anno dopo la restaurata Repubblica, quel processo epocale mediante il quale,
per la prima volta nella storia dell’Argentina, la giustizia civile condannerà
quella che era stata una ferocissima dittatura militare! Santiago Mitre, il
regista che, con la stessa lucidità e onestà intellettuale di opere precedenti come
“Il Presidente” o “El estudiante”, realizza questo film
per far luce su questa buia pagina della storia del suo paese, vendicare
le vittime di un genocidio senza precedenti e il dolore di quelle madri che
hanno lottato per conoscere la verità sulla fine dei loro figli, fatti
scomparire nel nulla. A dare il volto all’uomo del miracolo, il PM Julio
Strassera, Mitre, sceglie ancora Ricardo Darin, attore eccellente che si è
rivelato a tutto il mondo con “Il segreto dei suoi occhi” (Oscar al miglior
film straniero nel 2009) e qui
perfettamente a suo agio, come anche nei panni del già citato ”Il Presidente”(
2017), nei panni di colui il quale è
oggi considerato “eroe nazionale” dagli Argentini! Di lui l’attore riesce a
rendere l’umanità, la socievolezza, la sensibilità, quel senso dell’umorismo
con cui riusciva a sdrammatizzare i
momenti più difficili della sua vita e
soprattutto quell’amore per la famiglia , isola felice in un deserto dove paura
e minacce gli avrebbero impedito di segnare la storia, come era determinato a
fare. Rifiuta la scorta perché gliela mandano i servizi segreti che col vecchio
regime avevano avuto non poche frequentazioni; si avvale invece della
collaborazione di un giovane procuratore aggiunto perché ne intuisce l’assoluta
sincerità e trasparenza, nonostante egli provenga da una nobile e ricca
famiglia, molto vicina all’ex dittatore Vileda!
Non ci sono esterni in questo film al
quale il regista dà una veste sobria,
essenziale da legal-thriller. Una luce
opaca, verdastra rabbuia le scene, e crea una suspence e una tensione che
resterà alta sino a quando non si profilerà la speranza della vittoria. Non a
caso la telecamera inquadra spesso le possenti colonne del tribunale di Buenos
Aires che appaiono maestose e opprimenti come pronte a schiacciare chi osi
sfidare quel potere che incombe e continuerà a far paura sin che, da quella
sede istituzionale il cui ingresso esse proteggono, non uscirà una sentenza che
proclami una giustizia giusta, quella che per dieci lunghi anni, il regime
aveva, con ogni mezzo, calpestato!
La vita di Julio Strassera, l’uomo
cui si deve questa “Norimberga”
argentina, consiste in un andirivieni frenetico casa-lavoro, lavoro-casa e in
questo tragitto, intenzionalmente viene
evidenziato quell’ascensore che, con
tutto quell’involucro di rete in ferro che avvolge la cabina, mostra Julio come un uomo in gabbia; quello sferragliare dei
cavi, che ferisce l’orecchio dello spettatore, suona sinistro come le lugubri
minacce che arrivano quotidianamente, incessantemente, in casa Strassera. Solo la musica, la bella
musica, Verdi, Chopin, alleggerisce il dramma e concede a Julio quei rari
momenti di relax che i familiari contribuiscono a rendere il più sereni
possibile. La moglie, donna intelligente e spiritosa nasconde l’ansia dietro un
sottile velo di ironia e soffoca la sua
angoscia per evitare al marito ogni possibile cedimento che possa far franare
un compito arduo e rischiosissimo, i figli lo supportano con amore e notevole
maturità, il piccolo Javier ( Santiago Armas-Estevarena-) gli è complice anche
nello spiare la sorella la cui storia sentimentale desta non poche
preoccupazioni in famiglia, e lo aiuta addirittura suggerendogli le parole
giuste per l’arringa che il padre dovrà
pronunciare in tribunale.
E non è meno problematica la vita
di Luis Moreno Ocampo (Peter Lanzani), la cui madre intrattiene ancora ottimi
rapporti con il colonnello Vileda, ed
egli vaga nell’ambiente in cui è nato e
in cui vive da “Straniero nella notte”
come sottolineano le struggenti
note che ne commentano i passi in quella
serata di gala cui è costretto a partecipare, ma dalla quale fugge nauseato da
un mondo che rifiuta con tutte le sue
forze e che sta combattendo col suo lavoro, anche a rischio della vita!
Aprile 1985 – Inizia il processo
che vede sul banco degli imputati l’ex dittatore Vileda e tutto il suo staff:
l’esercito e l’aeronautica accusati di nefandezze inaudite e di crimini contro
l’umanità, per i quali non può sussistere alcuna giustificazione, né tanto meno
l’ombra di regolari processi per coloro che
hanno condannato a morte, alla reclusione, e poi fatto scomparire nel
nulla, se non addirittura barbaramente uccisi, lasciandoli cadere dagli
elicotteri in volo.
Le prove contro di loro sono
schiaccianti: parlano testimoni, miracolosamente sopravvissuti a trattamenti
disumani e torture inenarrabili. Una donna racconta di essere stata arrestata
senza alcun motivo, nonostante fosse incinta di nove mesi, torturata e fatta
partorire come una bestia, di avere avuto tolta la bambina che le sarà restituita dopo averle
fatto subire ogni sorta di ulteriore sopruso. Parlano le madri dei ragazzi
scomparsi, parlano i sopravvissuti che denunciano, documentando con particolari
raccapriccianti la crudeltà dei loro
aguzzini!
Alla difesa degli imputati, che si trincerano dietro
il paravento effimero del bene del paese, il Pm
Strassera replica: “Sono obiettivi militari i bambini appena nati, è
legittima la tortura, ogni sorta di sevizie?! Il sadismo è solo una perversione
morale che nessun tribunale può assolvere. Orrore, orrore senza appello! Per
questi crimini, per queste atrocità che nessuna strategia politica può
giustificare, io dico, ma non lo dico
solo io, lo chiede tutto il popolo argentino: NUNJA MAS, NUNJA MAS, Signori Giudici!!!
Silenzio e commozione in aula; le
madri dei “Desaparecidos” rimettono in testa il foulard, simbolo della loro
protesta, che erano state invitate a togliere
perché in aula i giudici non ammettevano
segnali di provocazione!!! Tutti in piedi dunque a salutare la nuova pagina
della storia dell’Argentina, dove per la prima volta la giustizia civile
condannò quella che era stata una feroce dittatura militare!
Dal 1985, l’Argentina vive un’ininterrotta stagione
democratica!
Jolanda
Elettra Di Stefano
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